Maria dunque arriva dinanzi alla casa di Simone e Maddalena, i quali non possono aprirle per paura dei Giudei, la invitano però a recarsi alla bottega del fabbro che sta preparando i chiodi per la crocifissione:
«Mastre Vitrille, ca fa’ li chùve,
falli piccule e ben suttile,
che hanna trapassà li carne de lu gghie mie».
A ddà ce steve Giude traditore,
che pe ‘na voce torbe la responne:
«Falli lunghe e late e taracùte,
chè li denare mije l’aje spennute».
(“Maestro fabbro, che fai i chiodi, / falli piccoli e sottili, / perché devono trafiggere la carne di mio figlio” / Si trovava lì Giuda il traditore, / che con una voce torbida le risponde: / «Falli lunghi, larghi e taglienti, perché ho speso i miei denari») [8].
Ecco anche qualche verso di un canto di Massafra (TA), nel quale Maria, insieme a Giovanni, attirata dal rumore delle torture, giunge alle porte del Pretorio, dove, gridando, si rivolge al Figlio, legato alla colonna:
[…] si sendéve nu gran rumóre
e ci jére e ci no’ jére,
jére gGésù che li gGuardje.
Ce li däve na scka eggiäte,
ci li däve na pugnaläte:
quello sangue ci scurréve
ind’ allu calice lu mettéve.
(si sentiva un gran rumore / e, dopo tante ipotesi, e si scopri che era Gesù con le guardie. / Ci lo schiaffeggiava, chi lo pugnalava: il sangue gli scorreva, nel calice lo metteva.)
(Fonte http://new.psallite.net/– Autore Don Sergio Biancofiore)
Note
[8] REMIGIO DE CRISTOFARO, Ischitella. I canti del popolo. Album di paese, Siena 1997, p. 176.
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