«Nella pietà popolare, poiché è frutto del Vangelo inculturato, è una forza attivamente evangelizzatrice che non possiamo sottovalutare: sarebbe come disconoscere l’opera dello Spirito Santo».
Così Papa Francesco, al n. 126 della Evangelii Gaudium, invita a valorizzare la capacità della pietà popolare di ponderare il Vangelo in virtù della sua secolare inculturazione, per cui essa riesce ancora oggi ad intercettare la sensibilità di tutti, anche dei più semplici e poveri. È per questo che si è sviluppata: portare il vangelo ovunque, soprattutto in quelle campagne che, ancora in piena età moderna, risultavano restie ad ogni educazione cristiana.
Il problema è segnalato, ad esempio, nella metà del XVII secolo, dal gesuita S. Paolucci a proposito dei pastori delle campagne di Eboli (Sa): Eranvi nella campagna di Eboli da cinquecento guardiani d’armenti divisi in varie ville e poderi di quel contado […]. Domandati quanti Dei ci fossero, chi rispondeva cento, chi mille chi altro numero maggiore […] [1].
Si rendevano urgenti, dunque, nuove forme di evangelizzazione: più coinvolgenti rispetto alla sola predicazione, spesso incomprensibile ai ceti più poveri, che facessero più appello all’emotività che alla persuasione dialogica, che presentassero il mistero cristiano come vicino al dramma dell’esistenza umana, no a descriverne tragicamente la siccità.
(Fonte http://new.psallite.net/ – Autore Don Sergio Biancofiore)
Note
[1] S. PAOLUCCI, Missione de’ padri della Compagnia di Giesù nel Regno di Napoli, Napoli 1651, p. 21; cit. in FRANCESCO DI PALO, Stabat Mater dolorosa, La Settimana santa in Puglia: ritualità drammatica e penitenziale, 1992 Fasano (Br), p. 15.
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