È chiaro che tutta la gamma emotiva espressa nel canto sia dettata dal cuore tra tto della Madre Addolorata, dallo sdegno per il tradimento di Giuda no alla tenerezza per il Figlio immolato, così intensa e concreta da giungere al desiderio di porgergli ancora il seno per calmare la sua sete.
Così Maria, parlando con i sassi che incontra sul suo peregrinare, si rivolge a Giuda in un canto di Palagianello (TA):
«Giùte tradetóre, ha’ tradìte lu mio Figlióle che trèndatré denäre u Figghie mi’ me l’ha’ legäte.
Avèsse venùte da méje
Ca ti li däve jie.»
(«Giuda traditore, / hai tradito il mio Figliolo, / con trentatré denari / mio Figlio me lo hai legato, / Fossi venuto da me, / perché te li davo io»).
La Madre diventa poi tenerissima nel dialogo con il Figlio croci sso:
«Mamma Marì, ccé si venùt’ a èje, c’alla crósce me sònde ‘nchiuväte: mànghe n’ogne d’acque tu m’annùtte?»
(«Mamma Maria, che sei venuta a fare, / giacché sulla croce mi hanno inchiodato; / nemmeno un po’ d’acqua mi hai portato?»).
Maria gli risponde:
«E gghie no’ agghi’ acchiäte
No’ puzze e no’ fundäne:
ci la tèsta to’ vòlz’ inghlenä
la minnarèlle mmòcche ti mettìe».
(«Figlio, non ho trovato né pozzi né fonti; / se tu volessi chinare il tuo capo / ti darei il latte del mio seno»)[13].
Possiamo ora fare delle considerazioni generali su questi canti, basandoci anche sui pochi testi proposti: tutta la processione costituisce una rappresentazione della Passione, nella quale tutti i partecipanti sono sia attori che protagonisti. Non c’è alcuna di assenza tra l’assistere e l’essere nella scena, perché il dramma rappresentato è in realtà quello che tutti sperimentano nella fede: l’ora della propria vita per i propri cari, nonostante i tradimenti, le terribili sofferenze.
La musica proposta dal canto popolare costituisce la colonna sonora di questa sacra rappresentazione: anch’essa è la stessa che accompagna la vita quotidiana, è in dialetto, la lingua parlata in famiglia e dalle madri, e ha tutto lo stile dei canti popolari che hanno accompagnato l’infanzia dei partecipanti.
Il canti processionali del Venerdì Santo, insomma, più che della trascendenza, in cui il fedele è coinvolto nella liturgia, hanno il sapore dell’ immanenza del dramma di un Dio incarnato: ecco il segreto della loro forza, per cui riescono a toccare la sensibilità anche di chi è lontano dalla pratica dei sacramenti, ed ecco il motivo per cui sarebbe una grave perdita interrompere la loro tradizione, che si resa capace, nei secoli, di avvicinare tanti uomini e donne alle soglie del mistero celebrato nella liturgia [14].
E’ certamente possibile, accanto a questi canti, ad incarnare altri contemporanei, anche desunti dal repertorio liturgico, soprattutto aiutare i fedeli ad inquadrare gli eventi narrati nel mistero pasquale, ma eliminarli a causa della loro teatralità significherebbe non accorgersi del loro autentico valore pastorale.
Non è trascurabile neanche il valore teologico della pietà popolare, di cui questi canti sono una chiara espressione, Papa Francesco individua in essa addirittura una luogo teologico, ossia il prodotto di una riflessione ecclesiale sulla fede, che ci aiuta a comprendere e a comunicare sempre meglio il mistero rilevato: Le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci e, per chi è in grado di leggerle, sono un luogo teologico a cui dobbiamo prestare attenzione, particolarmente nel momento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione [15].
In particolare i canti processionali del Venerdì Santo o rono un’immagine estremamente vitale del dramma dell’incarnazione, di un Dio, cioè, che per noi si è fatto uomo no al punto di so rire e morire tragicamente, e pongono in risalto la povertà umana, intrisa di peccato, no a causare la morte del suo Redentore. Leggendo gli esempi proposti ci rendiamo conto che ci troviamo agli antipodi di quelle due tentazioni del pelagianesimo e dello gnosticismo [16] di cui parlava Papa Francesco al Convegno Ecclesiale di Firenze: entrambe sono sottese dalla pretesa dell’uomo di salvarsi da solo, facendo leva sulle sue potenzialità volitive, organizzative, o razionali. Nel Venerdì Santo l’essere umano appare invece nudo nella sua miseria di peccatore e di so erente, solo bisognoso della Misericordia di Dio.
(Fonte http://new.psallite.net/– Autore Don Sergio Biancofiore)
(Fotografie di Luigi Barbarossa)
Note
[13] Ibidem, p.134.
[14] CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Direttorio su pietà popolare e liturgia. n.138.
[15] FRANCESCO, Evangelii Gaudium, n. 126.
[16] FRANCESCO, Incontro con i rappresentanti del V Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, Firenze 2015.
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