LE CONFRATERNITE A CANOSA DI PUGLIA
La realtà confraternale è una forma di devozione e religiosità popolare che soddisfa la naturale esigenza di fare gruppo, insita nell’uomo da sempre, per affrontare insieme i disagi del vivere, condividendone sofferenze ed aspettative. Soprattutto nel passato, allorquando povertà, ignoranza e subordinazione associate ad un alto tasso di mortalità, guerre e calamità naturali, hanno reso molto precari e scandente la qualità dell’esistenza, essa ha rappresentato l’unica e preziosa occasione di conforto. Queste benefiche associazioni laicali, nessuna classe sociale esclusa, trovando rifugio nella fede, instaurano un rapporto quasi confidenziale ma profondo con il Trascendere (Dio, La Madonna e i Santi) attraverso l’esercizio della carità cristiana, opere di pietà e mutuo soccorso. Mentre, in primo momento, la Chiesa non interferisce esageratamente nella loro attività, consentendo una discreta autonomia, con il Concilio di Trento (1545-1565) vengono richiamate sotto l’autorità del Vescovo, e pertanto trasferite sotto la giurisdizione della Chiesa. A seguito delle nuove leggi emanate dal Regno delle Due Sicilie, in base alle quali lo stato estromette la chiesa dalle congregazioni laicali per imporre il suo patronato, l’intervento del vescovo viene limitato alla sola sfera spirituale. Solo con la procedura del regio assenso, unica in tutto il regno, nel confermare la fondazione e lo statuto del sodalizio, alle Confraternite viene conferita personalità giuridica. Queste nuove fratellanze, in bilico tra l’ecclesiastico e il laico attraverso i tanti atti di culto ed opere di misericordia, si impegnano in vita anche per guadagnarsi i meriti necessari per la salvezza eterna. E’, infatti, costante preoccupazione quella di assicurarsi degna sepoltura con la certezza di essere suffragati dalle preghiere. Perchè si evidenzi questo loro fervore religioso, al di là della pratica liturgica ed osservanza dei precetti cristiani, essi si dotano di specifici segni comportamentali esteriori, come modalità rituali, manifestazioni artistiche, vestiario, immagini ed insegne da esibire in pubblico, come dimostrazione di prestigio e distinzione. Nella seconda metà dell’800, in base alla legge statale del 15 agosto 1867 art.1, vengono considerante istituzioni di pubblica beneficenza ed assistenza, pur rimanendo sottoposte all’autorità dell’Ordinario Diocesano; il concordato del 1929 le riconduce sotto la competenza dell’autorità ecclesiastica. Istituite quasi sempre nell’ambito delle locali chiese, hanno rappresentato non solo storia di spiritualità ma anche storia politica, economica e culturale.
Una religiosità popolare ingenua e spontanea che, pur tra le tante varie diversificazioni, operano con merito nell’ambito della propria comunità, ne hanno investito ogni contesto; da grandi committenti, quali sono state, detentrici di cappelle, statue ma anche artistico di inestimabile valore. Anche quando, nei momenti più bui del loro percorso, si sono impoverite di significato sino a ridursi al solo cerimoniale del funerale e garanzia della romba, hanno comunque continuato ad occupare un ruolo determinante nella storia del territorio. Discorso del tutto particolare merita il fenomeno confraternale ed assistenziale a Canosa, considerata l’autonomia, goduta come “Diocoesis Nullius” fino al 1818, sotto la guida dei Prevosti e dei loro procuratori. Solo più tardi con Minervino Murge, tramite la bolla “De Utiliori”, farà parte della diocesi di Andria. Presente già dal’500 esso ha costituito l’unica occasione di vita associativa, coinvolgendo buona parte della popolazione, soprattutto quegli strati sociali meno favoriti, per quei tempi decisamente in maggioranza, evitando loro quell’isolamento a cui erano inevitabilmente destinati. Le finalità prevalentemente spirituali, prevedono specifiche pratiche di opere di bene, tra cui l’asstistenza ai poveri e ai derelitti, visitare gli ammalati, dar da mangiare agli affamati, assistere i condannati e tanti altri atti di cristiana carità. Attraverso l’esercizio dei doveri cristiani, si fronteggiano le preoccupazioni per la vita terrena, ma ciò che è più essenziale, massima attenzione viene prestata alla vita eterna. Del resto, anche per Canosa, come per tutti gli altri paesi, l’attenzione al problema della morte ha sempre rappresentato una componente fondamentale per l’apprensione che questo fatidico momento suscita nell’uomo. Pertanto è necessaria la preparazione al trapasso con assidua pratica devozionale ed inizialmente di suffragio per le anime dei defunti. Nel tempo, purtroppo la spontaneità iniziale viene comunque compromessa dall’ingerenza della politica regia, che imponendo il suo patronato, mira ad estromettere la chiesa da queste compagnie confraternali, con l’obiettivo di eliminare le grandi proprietà ecclesiastiche. Malgrado tutto nel campo della formazione spirituale e dell’azione caritativa hanno sempre occupato un ampio spazio. Vengono così di seguito a sorgere le Arciconfraternite e le Confraternite:
Arciconfraternita del SS. Sacramento
Risalente alla prima metà del XVI secolo, è sicuramente la più antica. Associata, dopo qualche tempo, alla Arciconfraternita del Santissimo di Santa Maria sopra Minerva, fondata a Roma con la bolla papale “Dominus Noster” del 30 Novembre 1539 da Papa Paolo III, potrà usufruire come associazione omonima, degli stessi privilegi e delle stesse indulgenze. La sua principale finalità istitutiva è il culto dell’Eucarestia: confessarsi, comunicarsi e accompagnare la processione Eucaristica ogni terza domenica delle mese, come pure la processione del Corpus Domini. Essa ha sede dapprima nella Chiesa Badia di Santa Caterina d’Alessandria, in zona Castello, dove viene custodita l’Eucarestia, portata in forma di Viatico agli infermi. Nel 1733, dopo che quest’ultima viene danneggiata seriamente da un tremendo terremoto, si trasferisce dapprima nella Chiesa di Santissimo Salvatore, subito dopo nella Cattedrale di San Sabino, esattamente in un suo terreno attiguo detto delle “Croci”, L’approvazione ufficiale la riceve con regio decreto il 2 dicembre 1776. L’abbigliamento consiste in un camice e cappuccio di tela bianca, mozzetta color turchino, fascia bianca e cingolo dai cinque nodi. Ancora oggi esistente con un piccolo numero di confratelli, beneficiari di locali della cappella del cimitero di loto proprietà.
Arciconfraternita del Purgatorio o della Morte
Anche se rimane ignota l’epoca esatta della sua fondazione, essa è già attiva dalla seconda metà del ‘500 (alcuni documenti ne parlano già nel 1560). La Chiesa di San Teodoro, poi denominata “Chiesa del Purgatorio” e, attualmente “ Chiesa di Santa Lucia”, ne è la sede. Gli affiliati, tutte le famiglie benestanti, dedicano in modo particolare la loro attenzione al problema della morte, alla temporaneità del passaggio umano su questa terra in attesa di raggiungere la casa del Padre. Finalizzano quindi la loro attività alla preparazione della morte, ad assistere i fratelli più indigenti, assicurando loro una degna sepoltura e offrendo sostegno alle famiglie dei defunti. Lo statuto viene approvato con regio decreto del 28 febbraio 1769. Il vestiario consta di un camice bianco con cappuccio, tracolla nera e cappello nero. Nel 1890 diventa Ente Morale Autonomo.
Confraternita di San Biagio
Istituita nella seconda metà del ‘500, prende il nome della chiesa di San Biagio (sua sede), annessa al monastero di San Francesco, dei Minori Conventuali. Citata nei diversi inventari eseguiti all’epoca, essa viene anche ricordata nelle Sante Visite dei Prevosti Mons. Rosati e Mons. Tortora (1744 – 1754). Frequentata da un alto numero di confratelli devozione per San Biagio e la Vergine Maria Addolorata detta “l’Addolorata del Giovedì Santo”, riconduce ad una tradizione sacra canosina, di cui ormai rimane solo qualche vecchio ricordo nelle menti dei più anziani: la processione della “Madonna du tuppe tuzzele” che rievoca la figura di Maria Addolorata che in cerca del figlio Gesù, “tuzzelève”, cioè bussava alla porta delle chiese. Nella tipica festa della Candelora, in cui donato il cero benedetto dai soci, e la festa di San Biagio in cui vengono distribuite le pagnottelle benedette. L’abbigliamento consiste in un camice con cappuccio bianco, mozzetta e tracolla rossa, cingolo rosso, medaglione con l’effigie di San Biagio sul petto. Nel 1890 diventa Ente Morale Autonomo, ancora oggi esistente, come tutte le altre e amministratrice di una cappella nel cimitero.
Confraternita Maria SS. del Rosario
Fondata nel 1635 ad opera del Ministro Generale dell’Ordine Domenicano, si insedia in una cappella della Cattedrale di San Sabino, fa menzione nel 1754 il Prevosto Tortora durante la sua visita pastorale, dopo una attività alquanto discontinua, riprende vigore sotto la guida del Canonico De Salvia, non dotata di nessun regio assenso, avrà il riconoscimento civile nel 1906.
Confraternita di S. Gioacchino e Maria SS. della Salette
> Confraternita di S. Gioacchino e Maria SS. della Salette
Riconosciuta nel 1868, ha come suo fondatore il Canonico Sergio Oronzo Lagrasta; la Chiesa di San Francesco sarà la sua sede, che nel 1876 il titolo subisce la variante: “Pia Associazione sotto il titolo di Santa Maria di Salette e di San Gioacchino. Nel esperienza di questa giovane confraternita che nel sabato santo all’alba organizzava la processione di Maria SS. Desolata che dal 1880, fece realizzare a Napoli presso la Bottega del Giuseppe Catello, la statua era all’epoca vestita fino all’anno 1950, quando un bombardamento distrusse la Chiesa di San Francesco. La confraternita aveva nel servizio della sepoltura dei più poveri e il sostegno delle famiglie. Riceve l’approvazione del Vescovo il 15 giugno 1873, il riconoscimento civile lo riceve il 20 luglio 1873. L’abbigliamento è il seguente: abito a sacco bianco con cingolo e fascia verde, mozzetta bianca con orlo dorato e tracolla color arancione.
Confraternita di Maria SS. del Carmine
> Confraternita di Maria SS. del Carmine
La fondazione avviene nel 1909. La sede dapprima risulta essere la Chiesa di Santa Caterina, poi la Chiesa del Carmine, e poi ancora , quella originaria. I confratelli sono in gran parte muratori, scalpellini e tagliamonti, in seguito accoglierà anche gli artigiani. Ferma per alcuni anni, riprende la sua attività con provvedimento approvato dalla curia vescovile nel 8 giugno 1934. Celebra la festa di Maria SS. del Carmine e quella di Santa Caterina. L’abbigliamento consiste in un abito a sacco con cappuccio bianco, mozzetta marrone, tracolla color avorio con l’effige della Madonna del Carmine, cingolo color avorio e marrone. Nel Venerdì Santo organizzava la processione con le Statue lignee di Gesù Morto e di Maria SS. Addolorata che era una delle principali riti della settimana santa. Nel 1890 viene riconosciuta Ente Morale Autonomo. Ancora oggi esistente con un piccolo numero di confratelli, beneficiari di locali della cappella del cimitero di loto proprietà.
Confraternita di Santa Maria dei Raccomandati
La fondazione avviene nel 1579 con il titolo “Santa Maria dei Raccomandati” oltre ad aver assunto sin dalle origini della sua fondazione, che la congrega canosina si sia ispirata a quella di Roma, dato questo da verificare nell’Indice generale alfabetico delle compagnie aggregate che risale al 1560, anche se un vero incremento si osserva attorno agli anni 1580-1620. Il totale delle confraternite aggregate al Gonfalone di Roma, stando ai dati del citato “Indice generale” dovrebbe aggirarsi alle 1500 circa per i secoli XVI-XVIII, Papa Gregorio XIII, nel 1579, eleva la società del Gonfalone al rango di arciconfraternita, incrementando così le aggregazioni di altre confraternite d’Italia e del mondo. Nel 1938 la denominazione sarà trasformata in “ Santa Maria dei Raccomandati sotto il titolo di Sant’Anna”. La confraternita è già attiva alla metà del XVI scolo fornita di una sua Chiesa ed anche di alcune proprietà, nei beni della confraternita che nel 1677 risulta esserci un altare principale ornato di una tela della Vergine affiancata dalle immagini di San Sabino e di San Felice protovescovo. Nel 1844 la Confraternita completa l’acquisto delle immagini raffiguranti i Misteri della Passione di N.S. Gesù Cristo e introducendo di fatto la terza processione del Venerdì Santo, oltre nelle chiese soppresse si apprende che erano conservate due statue intere dei misteri in cartapesta. Questa ulteriore processione del Venerdì Santo causa parecchi affanni e litigi alle forze pubbliche e all’autorità ecclesiastiche del tempo. Difatti in un Venerdì Santo dei primi anni, mentre nel paese uscivano alla medesima ora le processioni del Cristo morto e dei Misteri, in un punto della città, incontrandosi le due processioni, si venne alle mani; ristabilito fu fatto immediatamente ritirare la processione dei Misteri abusiva. La sede della confraternita era nella Cattedrale di San Sabino, nella Cappella di Sant’Anna. Nella cappella del sodalizio fu costruita nell’area del cimitero antico, ad uso prevalente di sepoltura, essa fu realizzata a lato destro della Chiesa Cattedrale.